Una vita dedicata al tennis e all’Italia
È morto oggi all’età di 92 anni Nicola Pietrangeli, considerato una delle colonne del tennis italiano e internazionale. La notizia — confermata dalla Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP) — segna la fine di un’era: Pietrangeli è stato il primo italiano a vincere un torneo del Grande Slam e — da capitano — ha guidato l’Italia alla storica conquista della Coppa Davis nel 1976.
Nato a Tunisi l’11 settembre 1933, Pietrangeli visse un’infanzia segnata dagli eventi bellici e dal trasferimento della sua famiglia in Italia. È a Roma che trovò la sua strada tennistica, trasformandosi da promettente calciatore in un campione destinato a ridisegnare la storia del tennis azzurro.
Carriera e numeri da leggenda
- Due Roland Garros vinti (1959, 1960), primo e finora unico italiano capace di conquistare due Slam in singolare.
- Vincitore di decine di tornei internazionali: in totale Pietrangeli ha collezionato circa 48–67 titoli tra singolare, doppio e misto (a seconda della fonte).
- Record mondiale nella Davis Cup per partite disputate — 164 — e per vittorie totali. Per molti anni detentore dei primati di singolare e doppio.
- Capitano della nazionale che ottenne il titolo Davis nel 1976: una vittoria dal valore storico e simbolico per il tennis italiano.
Ma non furono solo trionfi. Pietrangeli spesso ricordava con ironia la differenza tra la sua epoca e il tennis moderno: non c’erano i sacchi di premi, non c’era la professionalizzazione totale, ma c’era una passione autentica, un’eleganza nei gesti e uno spirito libero che lo resero — per molti — più che un campione, un’icona.
Un personaggio oltre il campo: stile, ironia e “tennis da vivere”
Nicola non fu solo numeri e vittorie. Era un’eleganza fatta di charme, ironia e una personalità “alla vecchia scuola”. Celebre per le sue battute e per la sua schiettezza, non amava prendersi troppo sul serio:
«Se mi fossi allenato di più — diceva — avrei vinto di più, ma mi sarei divertito di meno». Amava la vita, la cultura, la libertà. Per molti era l’ultimo rappresentante di un tennis che univa competizione e raffinatezza, agonismo e convivialità — un tennis “all’italiana”, spontaneo e genuino.
Il ricordo di una Federazione e di un’intera nazione
La reazione del mondo del tennis e dello sport italiano è immediata e unanime. Il presidente della FITP, Angelo Binaghi, lo saluta così: «Il tennis italiano perde il suo simbolo più grande. Con lui abbiamo capito cosa significa vincere, dentro e fuori dal campo».
Numerosi ex campioni, attuali professionisti e appassionati hanno già espresso il loro cordoglio: Pietrangeli non era solo un campione, ma un riferimento morale e stilistico. Una figura capace di ispirare generazioni.
Eredità e memoria: cosa resta del “Principe della Racchetta”
Il nome di Pietrangeli è legato per sempre a due grandi conquiste Slam risultato che, per decenni, fu un sogno per ogni tennista italiano. La sua leadership in Coppa Davis del 1976 rappresenta un punto di svolta: grazie a lui, l’Italia entrò stabilmente nel novero delle nazioni di vertice nel tennis mondiale. Il suo stile, la sua ironia, la sua capacità di rendere il tennis popolare in Italia: hanno contribuito a trasformare uno sport elitario in una passione di massa. Un modello umano: caparbietà, talento, carisma, senso di appartenenza. Pietrangeli è stato esempio di come si possa essere grandi campioni senza smettere di essere persone genuine.
Un addio e una promessa
Nicola Pietrangeli se ne è andato, ma il suo lascito — sportivo, stilistico, umano — rimane più vivo che mai. Il tennis italiano perde una leggenda, ma guadagna un patrimonio di ricordi, valori e ispirazioni da trasmettere alle nuove generazioni.
Addio al “Principe della Racchetta”. Che i tuoi colpi, dove ora non esiste più terra battuta, risuonino come un canto di gloria.























