La scoperta shock: un quindicenne nel mirino dell’antiterrorismo
Ha soltanto 15 anni il ragazzo tunisino fermato dagli uomini della Digos di Firenze e dai Carabinieri di Montepulciano (Siena). Il giovane è indagato per arruolamento con finalità di terrorismo internazionale e porto di armi o oggetti atti ad offendere.
Il provvedimento è stato disposto dal Gip del Tribunale per i Minorenni di Firenze su richiesta della Procura, dopo mesi di indagini che hanno fatto emergere un inquietante processo di radicalizzazione jihadista.
Le indagini: tutto nasce da una segnalazione del padre
L’inchiesta prende il via nel dicembre 2024, quando il padre del ragazzo segnala ai Carabinieri l’allontanamento del figlio. Dopo due ore di ricerche, i militari lo ritrovano mentre vaga nella periferia di Montepulciano.
Durante il controllo, il minorenne viene trovato in possesso di un coltello a scatto e manifesta forti simpatie per il terrorismo islamico.
L’analisi del suo telefono cellulare da parte degli investigatori dell’antiterrorismo della Digos fiorentina rivela un quadro allarmante: il ragazzo aveva cercato sul web informazioni sul jihad, su armi da fuoco, su come costruire una bomba e persino su come raggiungere la Siria.
Radicalizzazione via web e giuramento online
Secondo gli inquirenti, il giovane sarebbe stato adescato e indottrinato online da reclutatori che agiscono su piattaforme di messaggistica criptate, garantendo l’anonimato.
Attraverso questi canali, il 15enne avrebbe prestato giuramento a un’organizzazione jihadista che si presentava come “un gruppo di musulmani provenienti da tutto il mondo impegnati a sostenere i fratelli oppressi in Palestina, Siria e in Cina”.
Per accelerare la propria affiliazione, il ragazzo avrebbe tentato di reclutare altri giovani, inviando loro il testo del giuramento da ricopiare e restituire firmato.
Video di minacce e messaggi estremisti
Nel suo telefono sono stati rinvenuti anche video inquietanti, nei quali il giovane appare mascherato con un passamontagna, pronunciando minacce di violenza contro i “miscredenti” nel nome di Allah.
Per gli inquirenti, questi elementi rappresentano una prova concreta del processo di radicalizzazione e della volontà di agire.
Da qui la decisione del Gip di disporre il collocamento in comunità, misura volta a impedire nuovi comportamenti violenti e a proteggere il minore stesso.
Un caso che riaccende l’attenzione sul rischio radicalizzazione online
Il caso del 15enne tunisino evidenzia ancora una volta il ruolo cruciale del web nella propaganda e nell’adescamento di minori da parte di organizzazioni estremiste.
Gli investigatori sottolineano come la vulnerabilità adolescenziale, unita a condizioni di isolamento o disagio, renda i giovani facili prede di indottrinamento digitale.
Il provvedimento della magistratura minorile mira ora a interrompere questo percorso, in una fase in cui il ragazzo è ancora recuperabile e può essere reinserito in un contesto educativo protetto.























