Le cosiddette “zone rosse”, introdotte dal governo come strumento per il contrasto al degrado e alla criminalità, rappresentano aree urbane particolarmente sensibili sotto il profilo della sicurezza. In questi spazi, le Forze dell’ordine hanno poteri rafforzati di controllo e di allontanamento per chi risulti socialmente pericoloso o con precedenti penali.
Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, dall’attivazione delle zone rosse sono state controllate oltre 955.000 persone.
Tra queste, 6.297 soggetti sono stati allontanati perché ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica: ben 4.705 erano stranieri.
Il provvedimento mira non solo a reprimere fenomeni di degrado e microcriminalità, ma anche a restituire ai cittadini la fruibilità di piazze, stazioni e aree sensibili spesso compromesse da episodi di violenza, spaccio e atti intimidatori.
Le Forze dell’ordine sottolineano come la misura abbia anche un effetto deterrente: il presidio costante e i controlli a tappeto limitano la possibilità che aree centrali diventino zone franche per la criminalità.
Se da un lato i numeri confermano l’efficacia del dispositivo in termini di controlli e allontanamenti, dall’altro il tema resta al centro del dibattito politico e sociale: le “zone rosse” vengono viste da alcuni come strumento necessario per la sicurezza, mentre altri le criticano come misura discriminatoria, soprattutto per l’elevata percentuale di stranieri coinvolti.






















