Editoriale di Gori Claudio (direttore@irog.it)
C’era una volta un Luna Park. Non uno qualunque, ma uno tra i più apprezzati. Era quello di Prato della Valle, noto come Luna Park del Santo, che tra maggio e giugno accendeva la città di Padova con colori, suoni e risate. Era il luogo dove si mescolavano generazioni, dove le famiglie passeggiavano tra zucchero filato e autoscontri, e dove i giovani trovavano uno spazio di svago, incontro e libertà.
Oggi quel Luna Park è un’ombra sbiadita di ciò che era. Risicate attrazioni, un’offerta povera, atmosfera spenta, visitatori delusi. E Padova, nel frattempo, perde un pezzo di identità.
La denuncia – chiara, civile e appassionata – è arrivata da una cittadina, Liliana Gori, con una lettera pubblicata nei giorni scorsi dal Mattino di Padova nella rubrica “Dillo al Mattino”. Parole semplici, ma forti, che chiedono: come è possibile che una città come Padova – colta, universitaria, viva – non riesca più a garantire un vero spazio di svago per i suoi giovani?
Un tempo il Luna Park al Prato era un appuntamento atteso da tutti, anche dalle province limitrofe. C’era la ruota panoramica, le montagne russe, gli stand gastronomici, le novità ogni anno. Ora, chi ci passa accanto, assiste a un allestimento fiacco, con poche giostre, senza spirito, spesso mal distribuite. I giovani, quelli veri – non quelli evocati solo in campagna elettorale – se ne vanno a divertirsi a Selvazzano, Albignasego, o persino a Bassano. Poi anche a Noventa Padovana o alla Fiera di Sant’Agostino a Conselve, all’Antica Fiera del Soco a Grisignano di Zocco nel vicentino. Padova, nel cuore, non offre più nulla di emozionante.
Non è un caso, è una scelta. O meglio, è il risultato di non-scelte politiche e di una visione miope sul significato della parola “vivibilità urbana”. Nel nome del decoro o di una retorica iper-burocratica, il Luna Park è stato svuotato, ridimensionato, e infine quasi lasciato morire. Prato della Valle, monumento storico e salotto cittadino, non è stato valorizzato come spazio polifunzionale, ma trattato come uno spazio museale da non disturbare.
Peccato però che la città vera non sia fatta solo di silenzi e turisti, ma anche di energia sociale, di possibilità per le nuove generazioni. Non si può lamentare il disagio giovanile e poi cancellare i luoghi che offrivano spensieratezza.
Questo editoriale non è solo una denuncia. Vuole essere anche un invito. Perché Padova può ancora tornare a investire su una proposta di intrattenimento degna della sua storia. Ecco alcune proposte concrete che mi permetto di suggerire da cittadino e da giornalista:
- Recuperare il Luna Park stagionale con un bando trasparente e ambizioso che richiami gli operatori migliori, anche dall’estero;
- Creare un comitato consultivo con giovani, esercenti e urbanisti per ripensare l’intrattenimento cittadino non come rumore, ma come risorsa;
- Valutare aree alternative o complementari a Prato della Valle, in grado di ospitare eventi popolari senza creare conflitti con la vocazione monumentale del luogo;
- Investire nel tempo libero come leva di prevenzione sociale, culturale e anche economica.
Padova è una città universitaria, certo. Ma una città universitaria che forse non ascolta maggiormente i suoi studenti e non offre spazi d’incontro reale, è destinata a diventare una cartolina stanca. I giovani non cercano solo aperitivi e locali: vogliono esperienze, emozioni, aggregazione sana. Non averne cura significa perderli. E perderli significa invecchiare come comunità, ben oltre l’età anagrafica.
Liliana Gori, con la sua lettera, ha aperto un varco che va sostenuto. Ha dato voce a un malessere diffuso e spesso inascoltato. È ora che la politica, l’amministrazione e anche l’opinione pubblica si facciano una domanda semplice:
vogliamo davvero una Padova viva, o ci accontentiamo di una Padova zitta e triste?
Padova deve essere una città viva, inclusiva, intergenerazionale. Un luogo dove la memoria storica convive con l’energia contemporanea. Dove i giovani non devono cercare altrove quel senso di comunità che dovrebbe stare sotto casa.Il divertimento non è un lusso, ma un diritto di una comunità che vuole davvero vivere.






















