editoriale di Claudio Gori
Oggi, 3 maggio, il mondo celebra un diritto che plasma le coscienze, vigila sul potere e nutre la democrazia: la libertà di stampa. Ma mai come oggi, questa libertà ha bisogno di essere difesa, protetta, rafforzata.
Viviamo in un’epoca in cui la verità è spesso sepolta sotto valanghe di disinformazione, in cui il giornalismo indipendente è sotto attacco, non solo nei Paesi autoritari, ma anche nei contesti in cui ci illudiamo che sia al sicuro. Minacce, querele bavaglio, pressioni economiche, violenze verbali e fisiche sono la nuova routine per tanti colleghi che ogni giorno scelgono di raccontare ciò che altri preferirebbero nascondere.
Il giornalismo non è un mestiere come gli altri: è un servizio pubblico. Quando un cronista viene zittito, non è solo la sua voce a spegnersi, ma è il diritto di tutti a conoscere che viene calpestato. E se la stampa perde libertà, l’opinione pubblica perde lucidità. La società intera si fa più fragile, più manipolabile, più divisa.
Come giornalisti, non chiediamo privilegi. Chiediamo rispetto. Chiediamo che venga riconosciuto il valore del nostro lavoro, della nostra fatica silenziosa, delle nostre notti insonni passate a verificare una fonte, a cercare un dettaglio, a dare un nome ai fatti. A qualsiasi livello.
Celebrare questa giornata non significa compiacerci, ma rilanciare una missione: difendere il diritto a informare e a essere informati, senza censure, senza paure, senza filtri imposti.
Perché una società che rinuncia alla verità, rinuncia a se stessa.
E noi non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci.






















