“Buon 25 aprile a tutti voi!
Un saluto alla rettrice della nostra Università Daniela Mapelli e alla presidente dell’ Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari nella Guerra di Liberazione Anna Vivoda.
Un saluto che estendo a tutte le autorità civili, militari e religiose presenti, alle associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma e a tutte i cittadini e le cittadine che sono qui oggi per celebrare l’80mo anniversario della Liberazione.
Questa non è una festa della Liberazione come tutte le altre.
Sono passati 80 anni dalla fine della guerra di Liberazione e questa è certamente una data fortemente simbolica, ma è anche un 25 aprile di tristezza per la scomparsa di Papa Francesco che tanto si è speso per la pace e il rispetto tra le persone e i popoli, il primo Papa a scegliere il nome di Francesco d’Assisi.
Una guida che ci ha insegnato a coltivare la speranza e a perseguire sempre il bene. Speranza come quella che il 25 aprile di 80 anni fa ha pervaso tutti gli italiani che avevano a cuore la libertà e la giustizia, un giorno di gioia, dopo anni di guerra, di lutti e di violenza. Anche per questo, il 25 aprile è una giornata di festa e di gioia. Gioia di aver finalmente chiuso una parentesi durata più di 20 anni con il fascismo e con il nazismo, due ideologie che hanno fatto della violenza e della prevaricazione, della cancellazione di ogni libertà e di ogni dissenso, il loro credo.
Due ideologie sconfitte dalla storia, certo, ma concretamente sconfitte dalla lotta di resistenza di tanti italiani e italiane di ogni estrazione sociale e appartenenza politica, uniti dagli stessi ideali di giustizia e dalla volontà comune di chiudere la tragica esperienza della dittatura fascista e della guerra, per costruire un futuro di pace, in un Paese libero.
Ci sono centinaia di storie che raccontano le vicende della resistenza in armi, ma anche disarmata, alle camice nere della Repubblica di Salò e ai militari nazisti che occupavano buona parte del nostro Paese. Ognuna meriterebbe oggi di essere ricordata, ma una cosa è certa, nessuna sarà dimenticata in futuro. Anche la nostra città è stata travolta da quegli avvenimento drammatici, e tanti sono stati protagonisti, da Concetto Marchesi, rettore dell’Università con il suo appello a combattere il nazifascismo, a Padre Placido Cortese vittima della Gestapo, senza dimenticare le vittime della rappresaglia nazista del 17 agosto 1944. Quel giorno sette partigiani, Primo Barbiero, Pasquale Muolo, Cataldo Pressici, Antonio Franzolin, Ferruccio Spigolon, Saturno Bandini, Luigi Pierobon furono fucilati nella caserma di via Chiesanuova, mentre Flavio Busonera, Clemente Lampioni e Ettore Calderoni furono brutalmente impiccati in via Santa Lucia. Li ricordiamo ogni estate, come è bello e giusto che sia, ma mi fa particolarmente piacere oggi invitarvi a visitare due mostre che in occasione di questo ottantesimo anniversario sono state allestite per far conoscere meglio la Resistenza a Padova
La prima, particolarmente bella, nel cortile pensile del Municipio si intitola “Sguardi resistenti” e racconta la lotta di liberazione a Padova vista dagli studenti dell’Istituto Superiore Valle in un percorso di ricerca e riflessione tra storia cultura ed arte. La seconda, dal prossimo 29 aprile, condivisa tra Municipio e Cortile Antico del Bo’ si intitola “Egidio Meneghetti e la Resistenza a Padova” ed è realizzata dal Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea dell’Università. Ecco queste mostre, soprattutto ai giovani, raccontano in modo completo e coinvolgente cosa è davvero stata la lotta per la libertà nella nostra città.
Ma come dicevo prima, il 25 aprile ricorda non solo la lotta di liberazione ma anche la gioia e la speranza per un futuro migliore. Gli anni della dittatura e della guerra sono stati anche un tempo nel quale le migliori menti libere del nostro paese, magari dal confino o in clandestinità, hanno iniziato a progettare l’Italia e l’Europa del futuro, certi che quegli anni bui sarebbero prima o poi finiti. Sono quegli italiani che vinta la guerra, hanno messo da parte ideologie e schieramenti, per costruire in uno sforzo comune, il Paese prospero e libero in cui viviamo oggi. Uomini e donne che hanno alzato lo sguardo oltre i nostri confini, pensando a una nuova Europa. Un’idea che era stata anticipata, nel 1944, da Altiero Spinelli nel suo documento “Per una Europa libera e Unita, progetto d’un manifesto” che oggi tutti conosciamo come “Manifesto di Ventotene“ dal luogo di confino in cui è stato pensato e scritto.
Pochi anni dopo, la passione visionaria di alcuni uomini tra cui Alcide De Gasperi, il francese Robert Schuman e il tedesco Konrad Adenauer diedero forma all’unità europea, partendo dall’idea di superare il concetto di nazione e di confine che divide i popoli, e di sostituire alla contrapposizione tra stati il dialogo e la collaborazione. Oggi abbiamo una Unione Europea figlia di un processo iniziato il 5 maggio del 1949 con l’istituzione del Consiglio d’Europa, proseguito con la costituzione della Comunità Europea del carbone e dell’ Acciaio, fino ai trattati di Roma del 25 marzo 1957 e alla nascita del Parlamento Europeo il 19 marzo 1958.
Un percorso tutto sommato veloce, meno di dieci anni, che evidenzia la grande spinta ideale che la politica europea di quegli anni incarnava. L’Unione Europea ci ha assicurato quasi 80 anni di liberta, stabilità e benessere. Oggi questi ideali sembrano vacillare per gli attacchi portati dalla rinascita di sovranismi e nazionalismi esasperati che nell’altro – sia esso un cittadino di un paese europeo o un cittadino del resto del mondo – vede nel migliore dei casi un estraneo, se non un pericolo.
Di fronte a questa prospettiva è indubbio che è necessaria una presa di coscienza degli errori e dei limiti di alcune politiche europee degli ultimi anni, ma sarebbe davvero insensato abbandonare un progetto che poggia le basi proprio su quei valori giustizia, libertà e uguaglianza per i quali tante donne e tanti uomini hanno combattuto 80 anni fa. Non possiamo accettare che i rapporti tra stati ritornino semplicemente alla legge del più forte, sia essa espressa con le armi piuttosto che con strumenti economici spregiudicati.
Per questo io sono convinto che questo 25 aprile, così diverso da quello vissuto nel 1945 debba essere non solo un giorno della memoria e del ricordo, ma una giornata di festa e di speranza, una giornata in cui tutti i cittadini che credono nei valori etici e morali della nostra Repubblica si uniscono idealmente per riprendere quel cammino comune che ci ha portato dove siamo oggi.
Grazie a tutti per aver partecipato a questa giornata di festa.
Viva il 25 aprile, viva l’Italia, viva l’Europa.”