di Gori Claudio (direttore@irog.it)
In un pomeriggio che ieri avrebbe potuto trasformarsi in tragedia, due agenti della Polizia di Stato hanno compiuto un gesto che va ben oltre il dovere: hanno salvato una vita. Marcello e Marco, questi i nomi dei poliziotti protagonisti dell’intervento, sono riusciti a trarre in salvo un giovane sull’orlo del suicidio, sospeso tra la disperazione e un vuoto di 250 metri.
Tutto è iniziato con una telefonata. Una madre, allarmata da segnali inequivocabili di disagio del figlio, ha chiamato la polizia. Poche parole, ma cariche di urgenza e paura. Gli agenti non hanno perso tempo: immediata l’attivazione delle ricerche, basate su indizi frammentari e la localizzazione dell’auto del ragazzo, ritrovata nei pressi di Cava Giuliani, un’area impervia e silenziosa alle porte della città.
Da lì, è iniziata una corsa contro il tempo.
Dopo una lunga perlustrazione a piedi tra rocce e vegetazione, Marcello e Marco hanno avvistato il giovane. Era in piedi, immobile, con lo sguardo nel vuoto, proprio sul ciglio di uno strapiombo. A dividerlo dal baratro, solo un passo. I due poliziotti hanno capito subito che ogni parola, ogni gesto, doveva essere calibrato con cura.
Con sangue freddo, sensibilità e straordinaria empatia, hanno instaurato un dialogo. Nessuna imposizione, solo ascolto e presenza umana. La tensione era palpabile, ma i due agenti sono riusciti a calmare il ragazzo, guadagnando centimetro dopo centimetro la sua fiducia. Quando il momento è sembrato propizio, con un’azione fulminea e precisa, lo hanno afferrato, sottraendolo alla morte.
Il giovane ora è in salvo, affidato alle cure del personale sanitario e al calore della sua famiglia. La sua storia non finisce qui, ma ha oggi una seconda possibilità.
Questo episodio, accaduto ad Ascoli Piceno, è molto più di una notizia di cronaca: è un inno alla forza della vicinanza, all’importanza dell’ascolto e al valore inestimabile delle forze dell’ordine quando agiscono con cuore e umanità. Marcello e Marco non hanno salvato soltanto un ragazzo: hanno restituito speranza a una madre, dignità a una divisa e fiducia a un’intera comunità.
In un tempo in cui le storie di disperazione si rincorrono, raccontare un salvataggio come questo è un dovere. Perché dietro le sigle e le uniformi ci sono persone che scelgono ogni giorno di mettersi al servizio della vita.
E oggi, la vita ha vinto.






















