Editoriale di Gori Claudio (direttore@irog.it)
Le periferie italiane rappresentano oggi un banco di prova fondamentale per la tenuta sociale e democratica del Paese. Non sono solo luoghi fisici ai margini dei centri storici, ma spazi simbolici e reali dove si concentrano disuguaglianze, tensioni, innovazione sociale e contraddizioni politiche. Sono territori in continua trasformazione, spesso vittime di narrazioni semplificate, quando non apertamente stigmatizzanti.
Padova e il caso Arcella offrono uno spaccato paradigmatico di questa complessità. Con oltre 41.000 residenti, il quartiere è oggi uno dei più popolosi e dinamici del Veneto, ma anche uno dei più controversi. Un laboratorio sociale dove si incrociano culture, conflitti urbani, esperienze di mutualismo e atti di microcriminalità. Ed è qui che si sta giocando una partita importante: quella del rapporto tra sicurezza urbana e partecipazione democratica, tra politica istituzionale e rappresentanza territoriale.
La Prefettura di Padova ha varato una ordinanza di “zona ad alto impatto” – definita anche “zona rossa” – con l’obiettivo di contrastare fenomeni di degrado e rafforzare la presenza delle forze dell’ordine. Una misura valida per quattro mesi, applicata a specifiche aree dell’Arcella, con un’intensificazione dei controlli e presidi fissi delle forze dell’ordine.
I sostenitori dell’ordinanza sottolineano la necessità di intervenire in modo deciso per tutelare i residenti e i commercianti. Tuttavia, non sono mancate le critiche: la misura viene giudicata da alcuni eccessivamente simbolica, poco risolutiva e rischiosamente stigmatizzante, soprattutto per chi in questi quartieri vive e lavora ogni giorno, lontano dai riflettori.
L’aspetto più controverso riguarda la comunicazione istituzionale e l’assenza di un confronto maggiormente trasparente e strutturato con il territorio. La recente citazione da parte dell’Amministrazione comunale di un sondaggio commissionato, svolto su circa 300 persone, ha suscitato polemiche: in un quartiere di 41.000 abitanti, affidarsi a un campione così esiguo senza eventualmente divulgarne metodo, criteri e risultati rappresenta un rischio di delegittimazione democratica. Inoltre il sondaggio, fatto legittimamente dalla Winpoll, potrebbe apparire per alcuni un potenziale conflitto di interessi di stampo politico con la giunta padovana. Infatti il legale rappresentante di Winpoll Società a Responsabilità Limitata Semplificata (SRLS) sembra essere Federico Benini. Benini è anche il fondatore della società, costituita nel 2014, e attualmente dovrebbe ricoprire la carica di Amministratore Unico. Oltre al suo ruolo in Winpoll, Benini è noto per la sua attività politica come esponente del Partito Democratico e assessore al Comune di Verona. Lascia molto perplessi un campione di 300 persone che, matematicamente (se tutti realmente residenti nel quartiere), rappresenta appena lo 0,73% degli arcellani. Pertanto, è corretto dichiarare o intitolare che il 58% dei residenti all’Arcella è contrario alla “zona rossa”? Potrebbe esserci un conflitto di interesse politico tra Winpoll e la Giunta padovana di centro sinistra? Una semplice domanda che qualcuno si potrebbe porre.
Uno degli elementi chiave nella gestione delle periferie è il coinvolgimento attivo e autentico delle comunità locali. L’Arcella ha una rete viva di comitati, associazioni, parrocchie, cooperative, centri culturali e sportivi. Ignorare questo tessuto, o interpellarlo in modo parziale e strumentale, significa rinunciare a una delle risorse principali per la coesione urbana.
La partecipazione non può essere evocata solo a posteriori, per giustificare decisioni già prese. Servono strumenti strutturati e permanenti: consulte di quartiere, tavoli di lavoro tematici, processi di bilancio partecipato, sportelli di ascolto e mediazione sociale. Solo così le politiche pubbliche potranno essere realmente condivise, e non semplicemente subite.
Alla luce delle criticità emerse, appare evidente la necessità di una nuova governance territoriale, capace di unire istituzioni, cittadinanza attiva, forze dell’ordine e mondo dell’associazionismo.
Mi permetto, giornalisticamente, di proporre la costruzione di un Patto Civico per le Periferie, articolato su tre pilastri fondamentali:
- Trasparenza e monitoraggio delle ordinanze straordinarie, con report pubblici e spazi di confronto periodici con tutti i residenti, nessuno escluso.
- Reti di prossimità che valorizzino le buone pratiche sociali esistenti e diano voce ai cittadini invisibili.
- Formazione civica e mediazione culturale, come strumenti permanenti per prevenire conflitti, rafforzare la fiducia nelle istituzioni e costruire sicurezza partecipata e nessuno escluso.
Per la sfida delle periferie, come quella dell’Arcella, serve una visione sistemica, che tenga insieme urbanistica, sociale, cultura, educazione, sicurezza e rappresentanza.
L’Arcella non ha bisogno di “paginate” continue e quotidiane sul “volemose bene” e “quanto siamo bravi” con abbondanti o eccessive quantità di selfie. Le periferie non chiedono privilegi, ma rispetto, sicurezza, ascolto e politiche pubbliche capaci di leggere la complessità. Solo così potremo costruire città più giuste, inclusive e coese.
Nel frattempo, il Consigliere del Comune di Padova Luigi Tarzia, si pone una spontanea domanda in merito al metodo del sondaggio: “perché telefonicamente? In un’epoca in cui il suono del telefono ci mette in allerta (pubblicità? truffa? call center travestito da sondaggista?), la scelta del mezzo appare quanto meno discutibile. Non sarebbe stato più efficace un sondaggio ‘sul campo’? Magari davanti a una scuola, all’uscita della parrocchia, in mezzo al Borgomagno, sotto la Galleria San Carlo o al mercato settimanale dove il quartiere pulsa e si racconta da sé, ogni giorno? […] il 2 giugno si avvicina…”.
Anche l’Ing. Leonardo Antonio Cetera già Presidente dell’ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, si esprime in un post in merito al sondaggio: “Su 992 persone contattate, soltanto 300 ‘residenti dell’Arcella’ hanno risposto, il 58% ‘contro’. Ma ben 692 ‘sono stati i rifiuti’, cioè il 70% degli interpellati. Quindi: 17% contrari a zona rossa, – 13% favorevoli a zona rossa e 70% rifiuto a rispondere”.